Alla galleria Buxton Contemporary di Melbourne, oltre 100 opere raccontano i quattro decenni di carriera di Tony Clark, uno degli artisti australiani più celebrati a livello internazionale.
La sua prima mostra risale al 1982 ed è stata riallestita in una delle sale della galleria in occasione di realizzata dalla University of Melbourne e curata da Jacqueline Doughty.
Quarantadue anni dopo, a Melbourne, nei piccoli quadri che facevano parte della mostra originaria, riecheggiano i temi che hanno caratterizzato tutta la sua ricerca, inclusi i riferimenti all'arte e all'architettura italiane e al concetto di "città ideale".
Un'immagine dell'installazione "Tony Clark: Unsculpted" alla Buxton Contemporary, con opere di Tony Clark e Joanne Ritson. Per gentile concessione di Michael Buxton per la collezione dell'Università di Melbourne. Credit: C.Capurro/photo
Un profondo legame personale e artistico lo lega infatti a Roma e alla Sicilia.
“Mio padre aveva trovato lavoro alla FAO (Food and Agriculture Organisation) a Roma, vicino al Circo Massimo. Ricordo benissimo, all’età di sette anni, come è stato vedere per la prima volta Roma venendo da Canberra. [È stata] un’esperienza bellissima", racconta ai microfoni di SBS Italian.
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Vedere il Colosseo per la prima volta cambiò il corso della vita dell’artista australiano: “In quel giorno sono diventato appassionato di storia e storia dell’arte", racconta.
Durante la sua permanenza in Italia, il giovane Clark frequentò una scuola inglese a Roma.
“I miei genitori hanno scelto di abitare all’Eur [un quartiere della capitale noto per le sue architetture di impronta razionalista] quindi un po’ di Canberra c’era. Mio padre amava il moderno”.
I miei dieci anni a Roma hanno avuto un effetto enorme nella mia vita. Amo l’ItaliaTony Clark
Oggi, la vita di Clark si divide tra l’Australia, la Germania e la Sicilia.
"La prima volta che ho visitato la Sicilia avevo 21 anni, mi ero appena laureato in Inghilterra e la mia prima vacanza era stata un giro dell’isola. Poi degli amici si sono trasferiti e l'ho visitata sempre di più fino a quando ho comprato casa prima a Siracusa e poi a Militello in Val di Catania”, racconta Clark.
“Crescendo in Italia ero sempre considerato un australiano... A casa i genitori parlavano inglese; le nonne raccontavano l’Australia degli anni '40, ma uscendo per strada era un’altra cosa. Da quell’epoca mi sono sempre sentito un po’ estraneo ma poi in Sicilia mi sono trovato a casa”, racconta.
[Essere un po’ siciliano] è un’ambizione più che un risultatoTony Clark
Noto per il suo "classicismo punk", l'artista ha raggiunto il successo, anche commerciale, con la serie “Myriorama”: grandi paesaggi realizzati con una paletta limitata ai colori rosa, nero, azzurro e terra di Siena.
“Mi ha molto influenzato la tradizione che viene da Roma, ma degli artisti stranieri come Claude Lorrain o Pussin: artisti che sono arrivati a Roma e non ci hanno capito più niente, studiavano il classico e il paesaggio romano”, spiega Clark.
I primi paesaggi che ho fatto avevano la funzione di souvenir dell’Italia, per ritrovare le emozioni che ho sentito lìTony Clark
Dalla mostra "Tony Clark: Unsculpted" alla Buxton Contemporary di Melbourne. Credit: C.Capurro/photo
“Io ho iniziato col moderno. Solo quando ho iniziato a dipingere ho trovato l’antico per la seconda volta. Prima l’esperienza da bambino, poi da adulto ho scelto di far derivare dall’antico la pittura moderna", afferma Clark.
In un certo senso il mio compito di pittore è stato di fare dell’antico qualcosa che avesse a che fare col modernoTony Clark
Anche al piano superiore della Buxton Contemporary non mancano i richiami all’arte romana: “In questi quadri, le architetture si rifanno a quelli di Pompei o Ercolano e alla tradizione della decorazione fatta di finte architetture”.