Il matrimonio per procura, ovvero la celebrazione dell’unione tra due persone in cui uno dei due coniugi è assente al momento della cerimonia e quindi viene simbolicamente sostituito, è stata una pratica molto diffusa tra gli italiani emigrati in Australia più o meno fino agli anni Settanta. Coloro che erano in cerca di moglie infatti, si rivolgevano alla propria famiglia in Italia per chiedere aiuto nella ricerca di una compagna per la vita.
Era il 1957 quando a Carmela Rocca, calabrese di origine, la famiglia del suo vicino di casa ha chiesto per la prima volta se fosse interessata a sposare Vincenzo e a emigrare in Australia. La prima risposta di Carmela è stata “mai andrò in Australia” ma poi, quando le è stata mostrata la fotografia dell’uomo, se ne è innamorata e ha detto sì. Carmela aveva sedici anni e racconta che: “Allora era una cosa comune partire... si sentiva da tutte le parti: quella parte per l’America, quella parte per il Canada, quella parte per l’Australia… Allora c’era questo motto: in Australia si sta bene, si mangia pasta e carne tutti i giorni!”.
Sono migliaia gli uomini italiani, giovani e meno giovani, che tra il 1920 e il 1960 si sono trasferiti down under in cerca di lavoro e opportunità. All'epoca l’emigrazione era soprattutto maschile perché l’Australia era alla ricerca di forza lavoro da impiegare nei campi e nell'edilizia. Molti uomini emigravano da soli ma dopo qualche anno trascorso lontano da casa la nostalgia, in particolare delle donne italiane, si faceva sentire. Come Susi Bella Wardrop evidenzia nel suo libro dedicato al fenomeno delle spose italiane per procura, dal titolo By proxy, a study of Italian proxy brides in Australia, questi uomini trascorrevano il loro tempo libero per lo più con altri uomini e a loro mancavano le mamme, le sorelle, le amiche e anche la possibilità di incontrare quelle ragazze che, un giorno, potrebbero essere diventate le loro mogli.
Qui l'intervista (in inglese) a Susi Bella Wardrop, autrice del libro By proxy, a study of Italian proxy brides in Australia.
La distanza culturale e linguistica tra i primi immigrati italiani e le donne australiane era pressoché incolmabile e i matrimoni misti erano molto poco comuni in quegli anni, evidenzia ancora Bella Wardrop. Nonostante i tentativi fatti soprattutto da parte dei sacerdoti presenti sul territorio per facilitare l’incontro tra i giovani italiani e le donne australiane, attraverso ad esempio l’organizzazione di feste, non si riusciva ad andare oltre poche battute con il sesso opposto. La situazione rendeva quindi una relazione interculturale, non solo matrimoniale ma anche solo di amicizia, praticamente impossibile.
Una situazione confermata anche da Carmela, una delle centinaia di spose per procura italiane arrivate down under alla fine degli anni Cinquanta, che spiega: “allora non c’erano tante donne italiane e gli uomini a quei tempi non volevano sposare le australiane. Non accettavano la cultura australiana e cercavano di portarsi le donne dal proprio paese, ecco perché hanno creato le spose per procura”.
Il matrimonio per procura è stato autorizzato dalla Chiesa cattolica nel sedicesimo secolo dopo il Concilio di Trento. Come è scritto nel Codice Civile, oggi è una pratica che avviene soprattutto tra i militari, e riguarda coloro che per ragioni di servizio si trovano al seguito delle forze armate in situazioni di guerra. Nell’Italia del primo e del secondo dopoguerra era invece una pratica diffusa, come emerge dalle ricerche di Susanna Scarparo, professoressa associata alla Monash University. Si calcola che siano state circa per procura che tra il 1945 e il 1976 hanno raggiunto e incontrato, in molti casi per la prima volta, i loro mariti in Australia.
“Non vedendo una persona, tu sogni. Sogni quello che non vedi. T'innamori di quella lettera che arriva, e aspetti con ansia perché non c’è altro.”
Le dinamiche attraverso cui il matrimonio per procura prendeva forma erano piuttosto standardizzate: l’uomo spediva una lettera in Italia, a volte indirizzata alla madre, ad amici o ad altri membri della famiglia, chiedendo assistenza nella ricerca e scelta di una moglie. Come emerge dalle ricerche di Susanna Scarparo, a volte il futuro sposo e la futura sposa si conoscevano già, almeno di vista, visto che spesso provenivano dallo stesso paese. Altre volte invece si conoscevano bene ed erano già innamorati prima che l’uomo partisse alla volta dell’Australia, ma vi sono anche diversi casi in cui i due non si erano mai visti prima ed erano originari di paesi o regioni differenti della penisola.
In questi casi la conoscenza avveniva attraverso lo scambio di immagini: a entrambi veniva mostrata una fotografia dell’altro e, se i due si piacevano, iniziava una corrispondenza cartacea per conoscersi che poteva durare mesi, fino a che non decidevano di sposarsi.
Nella maggior parte dei casi, piuttosto che affrontare la spesa per il viaggio di rientro in Italia per il matrimonio, l’uomo preferiva spendere quel denaro nell’acquisto di una casa in Australia. Per questo, spiega ancora Susie Bella Wardrop, i matrimoni venivano celebrati per procura. Il rito, rigorosamente religioso, avveniva nella chiesa del paese della sposa e nel grande giorno la donna veniva accompagnata all’altare dove era attesa da un sostituto che per quel giorno prendeva il posto del futuro marito, e che spesso era il padre, un fratello, il cognato o un amico.
Come ha raccontato la signora Carmela, sposa per procura nel 1957, il giorno del suo matrimonio è stato triste perché sentiva che il suo non era un matrimonio come gli altri.
“Quando mi sono sposata avevo chiesto a mio marito di mandarmi una foto di un abito dall'Australia per confezionare il mio vestito da sposa. La moglie del mio compare me lo ha cucito.”
A seguito delle celebrazioni iniziavano le lunghe pratiche burocratiche per poter emigrare in Australia. Nel caso di Carmela ci è voluto un anno per ottenere tutti i documenti necessari e poter finalmente raggiungere e conoscere il marito di persona. Una volta pronte le scartoffie, nella maggior parte dei casi la sposa per procura partiva alla volta dell’Australia in nave, una traversata di circa un mese, anche se alcune fortunate come Carmela hanno fatto il viaggio in aereo, un'avventura che durava invece quattro giorni.
Nelle ricerche condotte da Susi Bella Wardrop, le storie emerse mettono in luce soprattutto matrimoni di successo, ma le esperienze andate male non sono purtroppo mancate, come ha ricordato la signora Carmela nella sua intervista con SBS italian: "Una donna ad esempio, al suo arrivo in Australia, ha trovato ad attenderla al porto un uomo ben diverso da quello della fotografia ricevuta in Italia, per questo non voleva scendere dalla nave". Non sono mancati neanche i casi in cui le spose per procura incontravano il loro vero amore a bordo della nave su cui stavano viaggiando verso l’Australia. La signora Carmela ricorda il caso di una donna che, poco dopo essere arrivata in Australia, ha scoperto che le lettere ricevute in Italia e che l’avevano fatta innnamorare erano state solo copiate dal nuovo marito. In realtà erano state pensate e scritte da un giovane universitario.
Il matrimonio per procura è a tutti gli effetti un matrimonio combinato, una pratica che tra gli italiani d'Australia è durata fino alla fine degli anni Settanta: dalle ricerche svolte da Susi Bella Wardrop, l’ultimo matrimonio per procura è stato celebrato in Italia nel novembre del 1976 e registrato in seguito nella chiesa di Hawthorn a Melbourne.
Dagli anni Sessanta la stessa Chiesa cattolica, che inizialmente li aveva aveva appoggiati, ha iniziato a scoraggiarne la pratica visto che il numero delle esperienze negative era in crescita. Nell’edizione del 1976 dell’Almanacco Cappuccino, una guida per gli italiani in Australia in cui è riportata la lista dei documenti necessari per il matrimonio per procura, si legge: “Il Matrimonio per procura non è per nulla consigliabile”.
L'esperienza di sposa per procura ha segnato profondamente l'intera esistenza di Carmela. La sofferenza l'ha accompagnata per molti anni, nonostante la felicità provata al suo arrivo in Australia quando finlamente ha incontrato l'uomo di cui si era innamorata dall'Italia e che aveva sposato per procura. Quando Carmela ha lasciato l'Italia i suoi genitori erano giovani e, ci ha raccontato, non è stato facile: "Perché non ho potuto vederli invecchiare. Ma mi sono mancate tanto anche le mie sorelle e l'affetto dei fratelli".
Il matrimonio per procura di Carmela è stata comunque un'esperienza riuscita e proprio il 15 settembre 2017, insieme al suo Vincenzo e ai figli, ha celebrato 60 anni di matrimonio.